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Abbiamo aspettato, ma ne è valsa la pena, vedere il nostro Tito Tazio, divenuto anche nel frattempo Nuvolari pubblicato in Automobilismo d’Epoca.

Non nascondo che per noi è un punto di partenza, più che un arrivo, uno slancio verso uno sguardo sempre più ampio e attivo sul nostro gioco, lo sport e l’Automobilismo di cui siamo credo, giustamente orgogliosi.

Vi proponiamo due stesure di questo articolo. Qui di seguito, l’articolo condiviso con Giorgio Marcionni, che di Facetti è il biografo, e la versione data in stampa che troverete in edicola nel numero di dicembre-gennaio e in pdf qui sotto, ridisegnata per le esigenze della stampa, diverse da quelle di un blog come il nostro.

Ci piace questo confronto, è nella natura dei media e arricchisce di sfaccettature un personaggio, che come tutti gli uomini, ama celebrarsi ma che nella maschera trova la verità, come diceva Wilde “ Un uomo non è del tutto se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità.” E’ forse questo il senso più vero di ogni biografia e di ogni intervista. Buona lettura.

Ndr. Le foto pubblicate qui sono di Gian Luca Bucci e Federico Festa.Stex Auer

Con Carlo Facetti si parla…con due uomini: il pilota, ma anche il meccanico. La sua esperienza è di un periodo eroico, nel quale la differenza fra i due ruoli era molto sottile, e spesso l’uno e l’altro erano necessari per partecipare e arrivare al traguardo della gara.

Di questa esperienza ci parla Carlo, con la sua voce che sa di storia, in un groviglio di ricordi, sensazioni, memorie e aneddoti da affrontare con coraggio, tagliando le curve del suo pensiero come lui faceva sulle strade delle sue tante corse.

L’officina in pista. Questo è il tema che vogliamo affrontare con lui, partendo da questa sua esperienza per cercare di tracciare un percorso che ci porti fino ad oggi, in un momento che vede l’automobilismo sportivo cambiare profondamente, sotto la spinta della tecnologia e dei “format” che lo showbiz mediatico impone alla gara ed ai suoi partecipanti.

Che ne penserà Facetti? Per farlo parlare, scoprendo che è un peccato interrompere i racconti delle sue esperienze da meccanico e pilota, lo abbiamo invitato a tornare a sedersi in una sua vecchia conoscenza, l’ Alfa 33TT12 di cui è stato collaudatore e pilota, che ora fa parte del patrimonio del Museo dell’Alfa Romeo di Arese.

“… ma questo non è il mio sedile…è quello di Arturo Merzario!” brontola quando, con un’agilità che non mi aspettavo, si mette al volante della vettura sotto gli occhi dei nostri ospiti. L’auto esposta, che in pista veniva guidata da due piloti, era infatti equipaggiata con il sedile del Cow Boy Arturo, e lui se ne è subito accorto. Sono cose che accadono, quando la storia incontra la cronaca.

Tito Tazio, nel living del museo pone una serie di domande.
E’ un incontro denso di emozioni titaniche, tra la curiosità automobilistica di Tito e la leggendaria esperienza di Carlo. Un bell’incontro, penso. Estrarre gli elementi più interessanti un lavoraccio…ma alla fine ci siamo:

TT Ho visto a Le Mans, per la prima volta dopo i tuoi tempi, una corsa bellissima e ho l’impressione che nel mondiale prototipi la relazione fra pilota e meccanico stia tornando, a tutto vantaggio dello spettacolo.
Lo spettatore che vede l’Audi fermarsi alla settima ora per cambiare l’intero radiatore, i meccanici che lavorando sull’auto per cambiare il pezzo e per far ripartire la vettura vede la vera officina da corsa. Io credo che lo spettatore percepisca questo come un vero spettacolo, a differenza della Formula 1 di oggi, popolata solo da “driverstar”.

CF Tu mi fai rammentare cose che ho vissuto di persona proprio in occasione della 24 ore di Le Mans nel 1973, quando la scuderia Brescia Corse diede all’Autodelta la vettura con cui ho corso assieme a Marsilio Pasotti (“PAM”) e Zeccoli.
Dopo essere stati tra le prime posizioni, dopo diciotto ore di gara si ruppe il cuscinetto del pignone del differenziale. I ragazzi dell’Autodelta, molto ben preparati, sono stati di una velocità incredibile nel sostituircelo, tenendo conto che il regolamento imponeva che la vettura entrata ai box doveva tornare in gara entro un’ora.
Tentammo e ci andò bene, allo scadere dell’ora, anche se la riparazione non era completamente terminata, feci un giro pianissimo verificando che tutto era a posto e poi rientrai nuovamente ai box per sistemare la macchina definitivamente.

TT Quando mi parlavi delle esperienze argentine, ti esprimevi sempre in termini positivi, come di esperienze appaganti e bellissime, nonostante non si svolgessero certamente su percorsi facili.
È vero che la bellezza della gara non è data dal percorso, ma bensì dall’impegno che richiede, e quindi anche dalla durata?

CF Hai toccato un aspetto importante. A cosa servono delle gare a livello mondiale con sessioni che durano al massimo venti minuti? Venti minuti non bastano neppure per scaldare il sedile!
Quando negli anni ’70 si correva nel campionato europeo, e io l’ho fatte con Porsche, BMW e Alfa Romeo, erano gare di 500 chilometri, quattro ore o più. Allora mettevi alla prova la macchina, il pilota, la meccanica, tutto… talvolta in circuiti dove si stava in fila indiana, dove non si riusciva a sorpassare.
Capisco l’esigenza dei canali televisivi, ma per me chiamare campionato del mondo una gara di venti minuti non ha senso. Non capisco come mai la FIA non si renda conto che questa evoluzione è negativa per l’automobilismo sportivo e per il suo pubblico.

TT … Se andiamo a vedere bene, chi spinge e mette i soldi nel mondiale sono ad esempio i produttori di pneumatici, che sviluppano e mettono a punto pneumatici specifici per determinate gare, mettono a disposizione premi importanti per chi vince, fanno uno sforzo estremamente impostato sulla clientela e non necessariamente riescono a sviluppare prodotti migliori per il normale utente.

CF Beh, sicuramente i costruttori di pneumatici fanno delle prove di durata non indifferenti e sono molto impegnati in questo senso.
Pensando alla Formula 1, trovo però assurdo vi siano tanti tipi di pneumatici: un Gran Premio è imperniato sul tipo di gomma, o sul complesso macchina-pilota-organizzazione?
L’attuale predominio delle gomme è controproducente, secondo me basterebbero una per la pioggia, unaintermedia e due tipi al massimo per l’asciutto. Non ha senso che si arrivi a fare una vettura in funzione del tipo di gomma di un produttore. Sarebbe più giusto che fossero i costruttori di pneumatici ad adeguarsi ai diversi tipi di vetture.
Io penso che si è persa la logica della competizione e personalmente ho perso molto del mio interesse per le corse di Formula 1.

TT Sono in molti quelli che criticano a vario titolo, come te, il tecnicismo esasperato. Credo anche che questo derivi dalle difficoltà che i giovani incontrano per accedere al motorsport. Negli anni ‘60 e ‘70 le corse con vetture da Turismo portarono la gente comune ad appassionarsi, perché vedevano nelle mani di Carlo Facetti, la macchina che avevano in garage. Giusto?

CF È vero… in effetti vedo che a Monza, come al Nürburgring o a Spa, il pubblico che segue le corse è la metà di quello che vedevo ai mei tempi.
In passato i clienti avevano la possibilità di acquistare dai costruttori delle vetture preparate per le competizioni che avevano caratteristiche identiche a quelle utilizzate dalle squadre ufficiali, per cui potevano competere ad armi pari, sviluppando anche l’assistenza in gara e l’organizzazione della squadra in modo da essere concorrenziali.
Uno come me, che ha vissuto altri periodi e che ha fatto tante gare, si domanda come mai tutto questo non sia evidente agli organizzatori e alla FIA?

TT Un altro aspetto da considerare è il numero dei partecipanti alle gare…

CF Certo, oggi partecipano praticamente solo le case, con tre vetture ufficiali, dunque sono una quindicina in pista.
Le restanti macchine sono di concessionarie, ma sempre limitate nel numero… e non c’è spazio per il resto.
Al Nürburgring, quando correvo, c’erano sessantacinque o settanta auto. Io che avevo la fortuna di essere fra i primi, dopo quaranta minuti facevo i primi doppiaggi e questo era di stimolo alla competizione.
C’era un movimento in pista che ora non c’è più. Naturalmente le macchine eccezionali rimangono riservate a pochi piloti, ma in passato c’era più spazio per chi voleva fare un salto di qualità.

TT E per noi è un vero peccato. Come si arriva all’automobilismo? L’accesso alle gare è fondamentale per sviluppare la passione.

CF Purtroppo, per ragioni ovvie, non c’è più il ragazzino che lavora nell’officina di un preparatore e che ha la voglia di vedere, di sperimentare, di stare con chi progredisce. Oggi l’ottanta per cento è lavoro di routine, dalle otto alle cinque, mentre in questo campo le notti in bianco dovrebbero essere tante, necessarie se si vuole essere migliori degli altri. Ai miei tempi a Milano di preparatori ce ne erano cinque o sei, quindi dovevi impegnarti per emergere.

TT C’è un aneddoto a proposito della vittoria di Vittorio Brambilla nel ‘75 a Zeltweg con la March, partito pensando di arrivare a fare solo tre o quattro giri per un problema ad un paraolio del semiasse. Problema che non si era riusciti a risolvere malgrado il lavoro di tutta la notte.
Vinta la gara, Brambilla vuole capire cosa è successo e scopre, che per stanchezza, il paraolio era stato montato al contrario, ma proprio per questo caso, il pezzo fece il suo dovere!

CF E’ stato un caso, favorito dal fatto che la corsa si era svolta sotto la pioggia, ma ci sono state tante di queste vicende!
Mi ricordo delle avventure fatte nel 1972, quando con una Alfa Romeo 105/80 acquistata all’Autodelta da Giovanni Alberti grazie al mio intervento presso l’ingegner Carlo Chiti partecipai alla 1000 Km di Buenos Aires.
Le Alfa Romeo ufficiali, erano tutte equipaggiate con uno speciale serbatoio antincendio, che pesava tutto compreso 48/50 chili. Arrivati a Buenos Aires, dopo le prime prove, le Ferrari giravano tre secondi in meno delle Alfa Romeo.
Nanni Galli chiese ed ottenne che il serbatoio fosse tolto dalle vetture ufficiali, ma noi eravamo vincolati da un contratto e dovevamo rispettarlo, per cui non sostituimmo il serbatoio.
Le Ferrari 312 pilotate da Jacky Ickx, Mario Andretti, Ronnie Peterson e Tim Schenken. Noi con la nostra vettura privata dotata del citato serbatoio ci classificammo al nono posto. Come programmato, io facevo due turni di gara e Alberti uno: era un pilota già anziano e, per essere un gentleman driver, stava facendo dei miracoli.
Piano piano risalivo la classifica. Arrivato al primo rifornimento, il serbatoio antincendio esplose e riempì tutto il fondo della macchina con un liquido che mi bruciava la pelle: io diventavo matto, però volevo terminare il turno.
Appena arrivato ai box corsi sotto la doccia, mentre la macchina rimaneva ferma per due giri per far defluire il liquido antincendio dall’auto, forando il fondo della stessa. Malgrado queste difficoltà ci classificammo però terzi assoluti, dando la possibilità di fare l’ultimo turno a Andrea De Adamich, che si era fermato con la sua vettura.

TT Creatività e dedizione dei meccanici!

CF E pensa che poi, con la stessa macchina, invitati da Juan Manuel Fangio dopo la 1000 Km avevamo in programma di partecipare al Gran Premio di Balcarce sua città natale, venti giorni dopo la gara.
Andrea De Adamich, durante il suo turno finale a Buenos Aires, non si era accorto che c’era un problema ai cuscinetti dei mozzi anteriori. A Balcarce durante le prove mi accorsi che qualcosa non andava.
Tutta la squadra Alfa Romeo se ne era andata per partecipare a Daytona, ed io ero rimasto con un meccanico, di cuscinetti non ne avevamo. Allora sono andato a Mar del Plata, ne ho trovati alcuni che si potevano adattare e con il fratello di Fangio siamo riusciti a costruire delle boccole di fortuna, mettendo la macchina in condizione di correre pochi minuti prima dalla partenza.

TT L’eccessiva presenza di tecnologia nell’automobilismo moderno riduce il valore del pilota,
l’Alfa Romeo è pronta per presentarsi al campionato mondiale prototipi?

CF Secondo me, no. Oggi Alfa Romeo non ha lo staff giusto, manca di esperienza e deve appoggiarsi sul gruppo industriale al quale appartiene, deve perciò far capo alla Ferrari, che oggi molto assorbita dai suoi problemi, non solo in Formula 1, ma anche nella categoria GT.
Rubare risorse e personale da altri marchi non mi sembra la soluzione. Ritengo più giudizioso che la Ferrari si impegni sviluppando ulteriormente le vetture GT per far fronte ad una concorrenza che si è fatta sempre più agguerrita.

(*una nota: Di Marsilio Pasotti, pilota italiano nato a Lumezzane e di Teodoro Zeccoli, sempre italianissimo di Lugo di Romagna c’è una scheda in Wikipedia in francese e tedesco, ma non in italiano… mah)

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