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Correva l’anno millenovecentossessantasei. Quattroruote ci raccontava di un nuovo modo di divertirsi.
Era un gioco giovane, impazzava nei paesi anglosassoni ed era sbarcato in Italia come tante altre mode diventando un irrefrenabile fenomeno di costume.“Oggi è nato un nuovo hobby che da l’illusione della velocità” scrive il giornalista di Quattroruote in quell’estate nel pieno del miracolo economico “e che permette a ciascuno di noi di provare qualche emozione di un pilota da corsa senza correre nessun rischio”. Ricordiamoci che siamo in anni dove ogni anno morire in pista era un’eventualità abbastanza probabile per un pilota.
“Questo hobby si chiama slot car racing”. Un hobby che fa fare “guadagni colossali” ci diceva stupefatto di tanto interesse economico per un gioco con risultati probabilmente simili, se non superiori a quelli che oggi producono i videogame e la simulazione.
Oggi non possiamo che constatare che il miracolo slotcar, come quello economico è stato un momento storico irripetibile, che si offriva ad una società in crescita, con grandi aspettative sul futuro e con un potere economico diffuso, capillare in tutte le classi, molto lontano da oggi,
Quello che è invece ripetibile e perdurante nel tempo, chiamiamolo “effetto wow”, è lo sguardo di stupore che ancora oggi ha chi si avvicina per la prima volta ad una autopista elettrica, anche fra i millenials che della storia di cui vi stiamo raccontando non ne sanno nulla.
Vi invito a leggerlo, è un indicatore del clima del tempo e della sua cultura e pur nella diversità di marchi e di alcuni dettagli tecnici, i grado di restituirci quello che lo slotcar è ancora oggi.
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