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E’ sui  tempi della  cronaca, quella  che  vede  il commento  alle immagini  della primogenita  del nuovissimo marchio italiano  sulle  pagine  dei  più rappresentativi siti internazionali di  commento del mondo slot, che  vi  presentiamo questa intervista a  Giovanni Montiglio.

Parlare con  Giovanni  è come  parlare , per me  neofita, con  uno degli spiriti guida di  questo gioco, uno di  quelli che  ha avuto  modo di  vivere  le  tante stagioni che  lo slottismo ha passato sin dalle  sue  origini  moderne, dagli anni  ’50 ad oggi.
Ci  siamo incontrati  al  Brescia Corse Slot, qualche settimana fa,  quando  i  prototipi della  sua  nuova creazione erano  in fase di  elaborazione avanzata. Ci  siamo  seduti  ad uno dei  desk di  lavoro, messi  i prototipi sotto la  luce, acceso  il registratore e poi… è stato  come  assistere ad una  lezione dell’università dello  slot,  quasi  due  ore  di  notizie, informazioni , domande e risposte che si  inanellavano  in  un  arco temporale  lunghissimo per i parametri di  giochi moderni che  arrivano all’obsolescenza  rapidissimi in  uno  o due anni.
Quella  che  leggerete  non è che una  sintesi delle tante, tantissime narrazioni  in cui si  è dipanato  il  nostro  discorso, dove  il passato si  intreccia  con  il  presente, dove le  origini ci raccontano  perchè un tuono  che rimbomba da  cinquant’anni quasi, ritorna a correre….

Come nasce questa nuova avventura ?

Dopo la mia precedente esperienza, mi sono reso conto che avendo ancora voglia di realizzare qualcosa nel e per il mondo dello slot, mi sono trovato a parlarne spesso con l’amico Armando, con il quale ho collaborato negli ultimi dieci anni…. da lì è nata l’idea di creare qualcosa di nuovo anche a costo di ripartire da zero. Ci siamo divisi i compiti, a lui che è il titolare di Logigrafica – ditta specializzata in tampografie – cercare la copertura finanziaria e la sede della ditta ed a me il progetto dei modelli.

Partiamo dal marchio, da dove arriva Thunderslot?

…E’ il ricordo di una lontanissima gioventù quando a Torino, dove sono cresciuto, frequentavo un centro slot pubblico con grandi piste (negli anni 50 le piste di slot erano diffuse al pari delle piste di boowling ndr), e aggrappato al muretto della pista vedevo le macchine che sfrecciavano velocissime… Guardando le macchine aperte nei box, mi colpì un motore di colore verde con la sigla “Thunder”… andava come un tuono questo motore, tanto che si vedeva in pista la differenza fra quelli – allora si usavano anche motori elaborati – che avevano un Thunder e quelli no.
Da allora mi è rimasto impresso questo nome e adesso a distanza di quarantotto anni, mi sono detto… perchè no? visto che c’è da scegliere un nome, scegliamo Thunder, anche perchè comunque il motore era sparito dal mercato già in quei tempi. Mi sono divertito a schizzare dei loghi con questo nome; l’ ho presentato al mio amico che l’ha adottato immediatamente e di conseguenza dalla ditta madre Logigrafica è nato il ramo slottistico. Gli amici inglesi, poi incontrati a Norimberga a febbraio, mi consigliarono di aggiungere slot, in modo da caratterizzarsi ancora di più. Così è nato Thunderslot.

Ma come mai non ci hai pensato prima? Tu hai fatto tantissimo lavoro per altri…

Per tantissimi anni lo slot è stato un hobby al di fuori del mio lavoro -che comunque mi appassionava- e comunque con la Demon e Devil prima, poi con Proslot qualche soddisfazione me la sono tolta nel frattempo e solo quando arrivai alla soglia della pensione nel 2006 c’è stata una congiunzione di interessi e la conoscenza da lunga data di Salvatore Noviello ha fatto si che mi chiamasse per offrirmi una collaborazione come progettista per una macchina da affiancare alla produzione di parti di ricambio già a catalogo. Accettai, un po’ per gioco e un po’ seriamente, e così nacque la Mosler, una bomba sin da subito.
In seguito fu un’escalation: tredici modelli, dal 2006 al 2013, fino alla morte di Salvatore (in un incidente automobilistico sulla A30 nel marzo del 2013 ndr).
Di qua, dalle mie parti nel bresciano si faceva tutta la parte tecnica, il progetto, la realizzazione degli stampi ed il loro collaudo poi tutto veniva trasferito giù a Giffoni per la produzione e l’assemblaggio dei modelli.

C’è un motivo per cui si faceva qua nel bresciano? c’è una vocazione del territorio o è un caso?

Beh, io abito qui, e poi comunque la zona è predisposta a tutte le attività necessarie, senz’altro.
Di contro, posso dire che comunque se io fossi stato a Torino le opportunità sarebbero state le stesse, perchè ci sono tutte le competenze necessarie…Torino è la capitale dell’automobile italiana, dunque… se non c’è competenza li…

Abbiamo parlato del percorso per arrivare fino a Thunderslot. Ora perchè come prima macchina proprio una Lola?

Era una macchina che avevo in testa e perché no nel cuore da molto tempo. Non sono riuscito a realizzarla prima ma mi è rimasta dentro, come il nome Thunder per anni e anni.
E’ una macchina che sapevo avrei fatto prima o poi in qualche modo, e adesso è diventata la prima di questa nuova realtà.

Dunque la Lola non nasce da uno studio di marketing ma dalla semplice voglia di farla.

Si, che poi neanche a farlo apposta, per una fortunata congiuntura, la Lola della Fly è una riproduzione di quella seguente a questa, la Mark 2B che è abbastanza diversa.

Ma tu hai anche un amore particolare per le macchine inglesi

Hanno un grande fascino. Escludendo le auto di casa nostra, sceglierei una inglese.. loro sono molto particolari, a volte si complicano la vita a trovare delle soluzioni ingegnose ma difficili… avere inventato la spyder in un paese dove piove sempre vuol proprio dire andarsela a cercare…

Questa volta però la tua Lola l’hai prodotta in cina…

Quando inizi devi per forza farti i conti in tasca, e anche noi li abbiamo fatti per capire quanto avremmo speso. Alla fine, per ottimizzare i costi e consci del fatto che fare tutto qui in Italia non era economicamente accettabile, abbiamo deciso di tagliare il costo maggiore di tutta la macchina, cioè la carrozzeria nel suo insieme. Se potessimo realizzeremmo tutto in Italia, e il giorno in cui il nostro bilancio lo permetterà, lo faremo più che volentieri.
Diversamente il telaio è una cosa che non farò mai in Cina: troppo complicato passare le informazioni necessarie per realizzarlo correttamente, e soprattutto non voglio neppure fornire troppo know-how che potrebbe poi rivelarsi un boomerang per il futuro, come è già stato per altri casi.

Comunque il prodotto cinese é qualitativamente valido…

Certo, standogli dietro e tenedoli per mano nella realizzazione con un controllo accurato eseguono benissimo senza porsi domande, ma non sono autonomi. Quindi va bene così, si risparmia e poi vedremo. Ora sono ragionevolmente soddisfatto, credo che se la carrozzeria fosse stata fatta qui non so se ci sarebbe stata una sostanziale differenza, a prescindere dai costi.

Mentre la meccanica?

La facciamo qui a Brescia. Abbiamo lo stampista, il disegnatore, con cui lavoro side by side per spiegare nei dettagli quello che mi serve. La sera mi studio il 3D a casa e poi la mattina vado e apporto le eventuali modifiche.

Dunque vale più la pratica della grammatica….

Lo slot non è una scienza perfetta. ogni slottista è convinto di avere la conoscenza che qualcun’altro non ha, o del perchè alcune cose funzionano e altre no… Così anch’io tutto sommato mi baso sulla mia esperienza e devo dire che sino ad ora ho avuto la dimostrazione che le cose tutto sommato andavano come pensavo, credo che il mio pensiero produca macchine abbastanza competitive.

Ma quanto tempo occupa la produzione di una slot?

Facciamo giusto il caso di questa, che è un buon modo di raccontare come si procede.
C’è un primo momento di raccolta delle informazioni: si cercano tutte le foto possibili e immaginabili per la carrozzeria. Una volta che si sono decise le dimensioni di massima, si fa un primo abbozzo da cui poi si derivano le dimensione definitive portandole in scala.

Chiaramente ci sono delle “licenze poetiche” sulle misure reali perchè la vettura abbia le caratteristiche giuste per una slot. La carreggiata ad esempio, sarà per la Lola di 59 mm circa, più larga di un paio di millimetri rispetto a quello che sarebbe nella realtà.
Ma questa differenza rende meglio la percezione delle dimensioni di una macchina in scala (le leggi della prospettiva valgono per la pittura come per lo slot… ndr).
Per la carrozzeria partendo da zero ci vogliono almeno tre mesi di lavoro: si disegna la sagoma, poi si deve pensare agli spessori, con le sue problematiche di ingombri e spazi da verificare sopratutto per quanto riguarda la meccanica.

La parte meccanica è più semplice, perchè i fondamentali ci sono già: impostata la dimensione delle ruote, la posizione del motore, gli interassi, tutto il resto, almeno per me, viene molto più facile e veloce della carrozzaria. Un altro mese, o giù di lì.
Dopodichè possiamo dire che siamo ancora agli inizi, perchè questi disegni passano alla realizzazione degli stampi.
Nel nostro caso i disegni per la carrozzeria sono andati in Cina, e per la meccanica sono rimasti qui. Per arrivare agli stampi in acciaio ci abbiamo messo altri tre mesi circa per fare tutti i pezzi e pezzettini, anche perchè non si tratta solo di carrozzeria telaio e banco motore, ma anche i cerchi, gli ingranaggi pignoni e corone, bronzine, pick-up… tutto.

C’è tempo per i ripensamenti?

Beh, diciamo che tra la realizzazione del primo prototipo alla realizzazione finale passano diversi stadi di raffinamento, che cambiano anche sostanzialmente alcune soluzioni adottate all’inizio del progetto. Nel nostro caso per esempio, abbiamo anche lavorato sulla possibilità di creare una soluzione adatta per usare dei semiassi indipendenti sull’anteriore, per aver attacchi della culla sul telaio in cinque punti e con diversi sistemi di sospensione nonché avere la possibilità di montare motori di diverse dimensioni in diverse posizioni .
Tieni conto che non abbiamo alle spalle una realtà industriale già assodata quindi i tempi si allungano parecchio

Farsi tutto in casa è stata una decisione che comporta dei problemi che altrimenti non si hanno, ma non dipendere da nessuno ci rende liberi di fare le nostre scelte.
Questo ad esempio mi ha permesso di decidere nei pignoni di utilizzare una misura unica, ovvero le stesse dimensioni con quattro dentature diverse sullo stesso diametro, valide sia sulla categoria classica che per la GT.
La mia idea forse commercialmente non è giusta, però facilita la vita allo slottista medio che non sta li ad impazzire.

C’è un famoso detto che il genio è 1% intuizione, 99% traspirazione, a dire che l’intuito ha una piccola parte nel risultato di un prodotto…. Nel tuo approccio alla realizzazione di una macchina mi sembra invece che l’intuizione giochi un ruolo importante, più della tecnica…

Difficile dirlo dopo tanti anni passati nello slot. Considera che ho iniziato a “slottare” nel lontano 1963 e nel ’64 ho fondato con altri ragazzi –che non corrono più da molti anni- il club ECA. Eravamo un gruppo affiatato e perennemente alla ricerca dell’innovazione nel tentativo di superarci l’un l’altro. Dai primi meeting interregionali a Genova e Firenze all’inizio degli anni ’70, alla fondazione della Federazione Slot Italiana, con gare in giro per l’Italia fino ai Campionati Europei e Mondiali negli anni ’80 e ’90. Ho avuto modo di vedere e sperimentare tutto quello che si è fatto. Certo, mi vengono più facili alcune soluzioni tecniche perchè magari le ho usate venti o trent’anni fa da qualche parte. Ad esempio il concetto del fulcro che passa dalla mezzeria di un triangolo da cui hanno origine le culle motore che da anni girano sulle slot di plastica, deriva dai telai dello slot metallico della fine anni ‘70, perchè nel metallo di allora, a prescindere dalla categoria, c’era l’uso di mettere una cerniera di rotazione, che gli inglesi chiamavano anti deck, che permetteva l’oscillazione della culla motore rispetto al telaio.
Certo ci sono anche altre soluzioni, ma io rimango fedele a questa esperienza, che mi ha dato prova di ottimi risultati, senza nulla togliere a quelli degli altri. Dunque parlare di intuizione è difficile per me, direi piuttosto che ho portato la mia esperienza nata all’alba dello slot nel mondo attuale dei modelli in plastica

Si deve dire che si tratta più di esperienza…

Ecco si, meglio. Gli anni ottanta sono stati un laboratorio straordinario. Tanto per dire, l’uso del carbonio già si faceva in quegli anni, affiancato all’acciaio armonico… tra gli ‘80 e i ‘90 se ne sono visti di tutti i colori, non esistevano modelli professionali ad uso casalingo, lo slot era solo metallico e le piste -poche per la verità – erano prevalentemente in legno, ogni dettaglio di una slot allora era portato all’esasperazione tecnologica relativa a quei tempi.

E’ solo dal duemila che slot home e slot professionistico convergono, con la plastica.

Esattamente. Il metallo era avanti tantissimo rispetto allo slot plastico home edition su tante soluzioni tecniche, quasi tutte: i motori, i cuscinetti, gli assali forati, il carbonio… Molte di queste cose tutto sommato ritengo che oggi siano abbastanza inutili da applicare su macchine di plastica.

Ma qual’è stata l’evoluzione di questo scambio tra metallo e plastica? e come questo incontro ha creato nuovi standard comuni?

Oggi c’è una forte intercambiabilità di parti fra modelli in plasitica, e questo deriva dalla scelta di alcuni standard da parte dei produttori. Agli standard si arriva anche facendo dei “balzi in avanti” fuori dalle righe, come ad esempio è stato per le brugole da 2 mm di Slot.it, che erano assolutamente sconosciute nel mondo slot metallico.
Mi ricordo quando Maurizio Ferrari veniva a Soragna e Slot.it non esisteva, portando la prima corona per farla vedere e provare in pista. Gli feci notare che non esisteva questo standard e gli chiesi perchè non usava il 4/40 che era universale nello slot, sin dagli anni ‘60. Lui pensò diversamente… ed oggi è uno standard.

Gli assali 3/32 fui io a portarli nella plastica, con la ProSlot facendo un percorso inverso a quello di Maurizio. A metà degli anni ‘90 quando la plastica ha iniziato ad alzare la testa, per ProSlot progettai la Porsche 911 ed altre macchine. Al tempo la Ninco usava un assale da 2,5 mm. mentre la Scalextric un circa 2,4 una misura strana che non era nè in centimetri nè in pollici…Tutto il mondo del metallo che allora era ancora molto forte usava universalmente il 3/32, uno standard dalla fine degli anni 60. Partendo da Proslot e poi Slot.it quasi tutta la plastica moderna si è uniformata a questa misura

Quando sono stato presidente dell’ ANSI dal 2000 al 2006 ho cercato di unire i due mondi, mi sono battuto per questa unione sino a quando la plastica sviluppò irresistibilmente la sua influenza arrivando in molti negozi di modellismo.
Al contrario, il metallo che con la sua iper specializzazione, si faceva mano a mano sempre più difficile da frequentare anche a livello economico, ha patito come se non bastasse anche il problema delle scarsità di piste in legno che hanno contribuito alla sua contrazione

La diffusione delle piste in plastica che possono essere adattate a qualsiasi ambiente anche in ambito professionale, ha contribuito al lancio definitivo dello slot “di plastica” al contrario del metallo che necessitando di piste in legno è indissolubilmente legato a certe dimensioni di locale da cui costi di gestione più alti.
Oggi mi auguro un ritorno delle piste in legno, che permettano un ritorno dello slot metallico con categorie non troppo esasperate, non troppo care, usando ad esempio telai di metallo stampato GT Light, motori simili a quelli della plastica, con più giri e i medesimi pulsanti per plastica e metallo. Le piste in legno tra l’altro permettono l’uso di entrambe le tipologie di slot senza problemi perché non dimentichiamo che con lo standard elevato ed ormai assodato (cerchi metallici e gomme tornite) nella “plastica” anche questa gira benissimo su una superficie più dura e perfettamente piana come il legno. Sarebbe un bel miglioramento ed un possibile standard da adottare.

Mi sembra proprio di vedere questo ritorno, abbiamo appena intervistato Marco Ballardini di MB Slot che sta lavorando proprio in questa direzione

Le piste artigianali in legno avevano delle curve con raggi enormi, impossibili da gestire con agilità.
Se si avessero piste in legno con moduli standard e di dimensioni contenute come ad esempio fa Marco con la sua pista, da usarsi sia a casa che nei club, uniti a modelli che soddisfano ogni grado di capacità slottistica sia estetica che prestazionale, si aprirebbe tutto un nuovo mondo di categorie e di gare. Una gran cosa!

Tornando a Thuderslot, abbiamo visto da una parte che la tua è una “macchina del cuore”, e dall’altra quanto conti la competitività. Pensi che realizzerai mai macchine che siano o l’una o l’altra cosa?

Non riesco a pensare un compromesso fra estetica e funzionalità…attenzione, intendo nello slot attuale perché da collezionista di modelli vintage so bene che il bello vince sul funzionale

Pensa alla Shelby Cobra: sono corte e alte, non stanno in pista… ma sono bellissime.

Certo che mi piace, ma pensare che ha il muso troppo corto e che il pickup devi per forza metterlo più dietro di quanto dovrebbe… non posso farla nel senso che so a priori che non potrebbe essere competitiva. Io credo che le slot di oggi debbano essere tanto belle quanto funzionali, le due cose devono andare d’accordo.

…E il mercato detta le sue leggi.

Assolutamente, una macchina deve anche vendere. Di questo ho già avuto esperienza con un modello pensato per creare un filone nuovo, diciamo un monomarca, che, pur essendo la macchina vera molto di moda sia in strada che in pista, il modello slot non ha dato i riscontri sperati, anzi considerando i costi di licenza e di produzione è stato una vera delusione.

E quella che ti ha dato più soddisfazione? Mosler a Parte.

Beh, la Mosler è stata la prima ed ha avuto un sapore particolare, era un modello sconosciuto ed immediatamente è arrivata al top. Dopo di lei, la Ford P68. Per quella ho dovuto discutere e lottare, ma, alla fine è stata un successo.
Anche la Porsche 917. E’ una macchina così classica… Tutti l’avevano. C’era Fly che la commercializzava, ma io pensavo di poterla rappresentare meglio. Quando l’ho realizzata, la differenza si è notata, eccome!
E’ piaciuta tantissimo, tutti la ricomprarono, nonostante avessero una Fly. Tra le GT ricordo la Porsche 911 eletta a macchina dell’anno da una rivista spagnola e poi la Aston Martin Vantage, molto bella e molto tormentata, un progetto funestato da problemi di licenze prima garantite poi ritrattate..

Ed ora la Lola…

È iniziato un nuovo capitolo che con Logigrafica aprirà una stagione di nuove macchine vintage e moderne, seguiteci e osservateci, vi aspettiamo in pista dove cercheremo di soddisfare il vostro piacere……

 

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